Da Milano a Torino ci sono 150 chilometri, circa un’ora e mezza di viaggio in macchina. Un viaggio che molti di noi hanno fatto in giornata chissà quante volte ma che, per qualcuno, significa una carriera, quella da Promessa a Maestro.
E al contrario dell’autostrada che collega il capoluogo lombardo con quello piemontese, questa è una strada impervia che pochi percorrono e ancor meno concludono. La storia del tennis è piena di promesse non mantenute, giovani che sembravano destinati ad un futuro fatto di slam e successi in giro per il mondo che si sono accontentati delle briciole. Poi ci sono loro.
Promessa mantenuta
Quelli che la promessa… l’hanno mantenuta. Quelli che il cammino l’hanno percorso fino in fondo. E per tutti o quasi, il cammino è iniziato a Milano, sui campi di via Arimondi. Perché il Trofeo Bonfiglio ormai è diventato, insieme agli Slam nella categoria Junior, l’appuntamento con il destino, per quel definitivo salto di qualità nel mondo dei grandi. E se fino a qualche anno fa questo cammino era un giro del mondo che da Milano portava ad attraversare tutti i continenti per poi giocarsi la laurea a maestro da Tokyo a Londra passando per Francoforte, Shanghai o Houston, da quest’anno potrebbe diventare molto più breve e familiare con le Atp Finals al Pala Alpitour di Torino fino al 2025.
Basta voltarsi indietro per ritrovare volti e i nomi familiari che abbiamo incrociato per la prima volta qui a Milano e che, pochi anni più tardi hanno scritto la storia del nostro sport tra Slam e vittorie nelle Atp Finals. Chi ci ha messo anni, chi un lampo.
Non solo Federer e Djokovic
I nomi sono tanti e li conosciamo tutti: da Roger Federer a Novak Djokovic, da Gabriela Sabatini ai recenti successi firmati da Sasha Zverev e Stefanos Tistispas. E tanta Italia: da Adriano Panatta e Corrado Barazzutti fino Flavia Pennetta e Matteo Berrettini.
Ma chi pensa che questa strada sia sempre stata in discesa sbaglia. E di grosso. Perché trionfare al Bonfiglio ed essere un predestinato non significa conquistare automaticamente il pass per diventare Maestro. E lo stesso vale per quei campioni esplosi tardi o per tutti quelli che, magari, semplicemente, sono inciampati in una settimana sbagliata a Milano.
Il bello del Trofeo Bonfiglio sta anche nella sua imprevedibilità e nei suoi verdetti. E ora che la strada da promessa a maestro è, almeno in termini di chilometri, più breve che mai le suggestioni si fanno più forti, intense.
Novità e tradizione
Da un lato la novità delle Finals nel capoluogo piemontese e dall’altro la tradizione di quello che tutti ormai considerano come il “quinto Slam” per un tennis che parla italiano come mai prima d’ora. Pensare ad una carriera che si corona lungo questa direttrice tutta italiana fa venire la pelle d’oca. L’idea che mai come nel 2021 il nostro Paese ospiterà così tanti eventi di primo piano nel panorama del tennis mondiale anche.
E’ così per tutti. “Nel tennis capitano le giornate eccezionali, quelle in cui sei baciato dall’ispirazione e ti senti invincibile. Ti riesce tutto e la palla va sempre dove vuoi tu. La dirigi, la telecomandi, e lei pare enorme. Sembra muoversi lenta. E tu sei lì, ad aspettarla, prima che arrivi. Non puoi mancare all’appuntamento. Non puoi sbagliare. Lo senti dentro” ha detto una volta Paolo Bertolucci. Ma è anche – e questa volta a parlare è Andre Agassi – “uno sport solitario. Non c’è un posto dove nascondersi quando le cose vanno male. Niente panchina, niente bordo campo, nessun angolo neutrale. Ci sei solo tu, nudo”.
E tutti questi campioni, almeno una volta, hanno provato l’una e l’altra sensazione lungo questa strada da promessa a maestro.
Se volete scoprire chi ha già percorso questa strada da promessa a maestro, chi l’ha fatta di corsa, chi è inciampato e chi si è rialzato, visitate la sezione Hall of Fame.